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L’autolesionismo è un fenomeno purtroppo in crescita in tutto il mondo e anche nel nostro Paese ci sono sempre più ragazzi che si provocano volontariamente ferite, morsi, tagli o bruciature.
Autolesionismo per 1 adolescente su 5
Una recente ricerca scientifica dell’Università del Queensland, in Australia, ha rilevato come i casi di autolesionismo tra gli adolescenti siano in aumento in tutto il mondo. I numeri del fenomeno sono stati ricavati esaminando diversi studi condotti negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada. La conclusione è che 1 adolescente su 5 si provoca da solo tagli, lesioni, bruciature o ematomi per sfogare una sofferenza emotiva che non riesce a esprimere altrimenti o a sopportare. Così i ragazzi si fanno del male da soli, un comportamento che nei casi più gravi può portare fino al suicidio.
Quando si comincia è difficile smettere
Secondo i dati ricavati dai ricercatori australiani, il primo episodio di autolesionismo si verifica a 15 anni, anche se alcuni giovani iniziano più tardi, a 17-18 anni. Quando si comincia però è difficile smettere. Circa 3 ragazzi su 4 dopo i primi episodi continuano, con una frequenza variabile. Per il 20% dei ragazzi l’autolesionismo diventa una forma di dipendenza come quella dalla droga. È difficile smettere e si entra in un pericoloso circolo vizioso.
I numeri dell’autolesionismo in Italia
Il fenomeno riguarda anche i ragazzi italiani. Da noi, 1 adolescente su 7 si provoca atti di autolesionismo almeno una volta nella vita. Un numero di poco inferiore alla media mondiale, ma comunque importante e anche da noi in aumento. Secondo Claudio Mencacci, psichiatra e presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia, il fenomeno, diffuso nel 15% degli adolescenti, è una strategia di regolazione emotiva di fronte a ciò che viene vissuto come intollerabile e indesiderabile: ferendosi la persona cerca di trasformare la sofferenza emotiva, che non sa gestire, in una sofferenza fisica che lo distrae, sentendosi così sollevato. L’autolesionismo non è stato quasi mai considerato come una malattia a sé ma piuttosto come un sintomo della depressione o di altre patologie. Questo ha avuto come conseguenza che non venisse trattato in modo efficace. Oggi le cose stanno cambiando e ci sono strategie mirate.
Fonti / Bibliografia
- ScienceDirect
- Prof. Claudio Mencacci | Medico PsichiatraMedico psichiatra, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, Past President della Società Italiana di Psichiatria e Presidente Comitato Tecnico Scientifico Fondazione Onda, è da sempre impegnato nella ricerca e nella cura delle principali patologie mentali: ansia, depressione, disturbi panici e disturbi bipolari.
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