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Ormai non possiamo più farne a meno: il cellulare ci serve per restare connessi con il mondo, in senso lato. Lo smartphone fa parte delle nostre vite, non ci serve solo per telefonare, ma anche per chattare, controllare i social, la posta elettronica, la banca on-line, per impostare allarmi, sveglie, appuntamenti e consultare il calendario giornaliero e settimanale per non perdere impegni personali e di lavoro. Tutto normale? Assolutamente no. Visto che questa dipendenza ha assunto la dimensione di malattia: la nomofobia , ossia l’ansia generata dal non avere a disposizione il cellulare. Non è una “malattia ufficiale”, nel senso che non esiste nei manuali di psichiatria. I primi a soffrirne sono gli adolescenti.
Il parere degli esperti
Lo studio Nomophobia and lifestyle: Smartphone use and its relationship to psychopathologies pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior Reports, mette in evidenza la relazione fra nomofobia e psicopatologia. Per i ricercatori chi vive peggio la lontananza dallo smartphone soffre frequentemente di sintomi di ossessione-compulsione e addirittura attacchi di panico, nei casi più gravi. Sempre secondo lo studio, il panico da assenza di cellulare potrebbe essere collegato a senso di inadeguatezza e inferiorità. Insomma, anche se a oggi non esiste diagnosi, la nomofobia si accompagna a una sintomatologia che invece c’è.
Dati allarmanti
A livello pratico gli autori dello studio hanno fornito due questionari a 495 giovani tra i 18 e i 24 anni, un po’ più della metà (52%) donne. Il primo valutava la dipendenza dagli smartphone, l’altro la presenza di eventuali sintomi psicopatologici (ansia, ossessioni-compulsioni, sentimenti di risentimento). Il risultato è stato sorprendente: i partecipanti utilizzavano i telefoni da 4 a 7 ore al giorno in totale, grazie specialmente alla navigazione sui social network.
Senza distinzioni di genere
Dall’analisi è emerso che più i partecipanti utilizzavano lo smartphone, maggiore era lo stress che provavano quando non lo avevano a disposizione. Inoltre, più elevati erano i punteggi ottenuti dai partecipanti alla ricerca, in termini di ossessione-compulsione, più alto era il timore di rimanere senza telefono. Non è emerso, invece, alcun rapporto tra nomofobia e genere: uomini e donne, almeno in termini nomofobici, sono pari.
Il vero impatto sulla vita di tutti i giorni
C’è differenza tra un uso dello smartphone che facilita la nostra vita, per esempio ci fa incontrare in video gli amici quando non è possibile stare insieme o ci fa lavorare meglio e dovunque siamo(), e uno che invece interferisce con la nostra vita. E questo secondo tipo di utilizzo è più probabile che provochi ansia quando siamo lontani dal telefono, spiega Ana-Paula Correia, professore associato al Dipartimento Educational Studies dell’Ohio State University e direttore del Center on Education and Training for Employment dell’ateneo Usa, nonché autore dello studio insieme a Soraia Gonçalvesne Paulo Dias, entrambi ricercatori alla facoltà di Filosofia e scienze sociali dell’Università Cattolica portoghese di Braga. Secondo gli autori della ricerca, le persone più tese potrebbero vedere i loro telefoni come strumenti di gestione dello stress. “Questo concetto non riguarda soltanto il telefono” – ricorda Correia: “Le persone usano lo smartphone per altre attività, inclusi i social media, per stare connessi, per sapere cosa sta succedendo ai loro influencer. Quindi, stare lontani dal telefono o avere la batteria scarica può in qualche modo interrompere quella connessione e lasciare alcune persone in una situazione di agitazione”.