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È accorato, ma non sorpreso, Paolo Crepet, per quanto di brutto sta accadendo sempre più spesso tra gli adolescenti. <<Sono anni che è in atto un cambiamento epocale che vede i giovanissimi condurre una vita da adulti con l’avallo di genitori che tutto concedono, che nulla vietano. Non meravigliamoci dei risultati, diciamo che si tratta di un disastro che si poteva ampiamente prevedere>> afferma. Poi lo psichiatra, uno dei più grandi e attenti conoscitori dei ragazzi di oggi, elenca con malinconica precisione cosa sono diventati i venerdì e i sabato sera di molti adolescenti e non solo almeno quindicenni, ma che magari non arrivano neppure ai 13 anni.
Adolescenti adultizzati senza essere responsabili
<<Stanno in discoteca fino all’alba, bevono alcolici, fumano, fanno sesso e non di rado usano droghe. Possono farlo. Sono fuori controllo. Come possiamo, dunque, non aspettarci che alcuni di loro compiano gli atti violenti che mai ci si aspetterebbe da un ragazzino, da una ragazzina, cioè da chi nell’immaginario collettivo dovrebbe essere innocente, pulito, incapace di fare del male. Ma è appunto una fantasia, dobbiamo prenderne atto. Li abbiamo adultizzati permettendo loro di concedersi ogni tipo di trasgressione, ammesso che di trasgressioni si possa ancora parlare, dal momento che i genitori sono perfettamente al corrente di quello che fanno i figli e lo tollerano, vuoi per incapacità di esercitare una qualsiasi forma di controllo, vuoi perché, spiace dirlo, per molti è più comodo far finta di niente, chiudere un occhio, anzi, tutti e due>>.
Ma non è tutto: se da un lato ai ragazzi è stato dato, con una buona dose di incoscienza, il lasciapassare per un modo di vivere che, fino alla fine dello scorso millennio, era riservato solo agli ultra-maggiorenni, dall’altro non si è fatto nulla per responsabilizzarli. <<Continuiamo a chiamarli “minori”, quando minori lo sono per l’anagrafe, ma non certo per la libertà senza freni di cui godono. Nessuno impone regole, mette paletti. I quarantenni, che sono i padri e le madri degli adolescenti di oggi, sono convinti che farlo sarebbe sbagliato. Nei casi migliori credono che sarebbe giusto dare confini, ma non sanno come farlo. Considerano i figli bambini ma, allo stesso tempo, permettono loro di fare cose che è inaudito consentire a un bambino. Questa enorme contraddizione ci sta costando cara e il prezzo è sotto gli occhi di tutti>>.
Per quanto riguarda gli insegnanti, Paolo Crepet pensa non ci sia tanto da dire, se non che anche i pochi che, con coraggio, tentano di ricoprire un ruolo educativo in senso stretto, gettano in fretta la spugna. <<Sappiamo di genitori agguerriti che scendono in campo contro i professori che tentano di correggere gli atteggiamenti dei giovanissimi bulli, non ammettendo mancanze nei figli considerati perfetti>>.
L’amore è cieco, si sa, ma in questo caso viene da domandarsi se si tratti davvero di amore o, piuttosto, dell’incapacità di mettere da parte le pericolose idee sempre più diffuse che i figli siano comunque nel giusto, che i figli debbano essere difesi a ogni costo, che sia impossibile che un proprio figlio compia azioni fortemente riprovevoli.
Ragazzine-bulle: cosa sta succedendo?
Se è vero che disorientano i gesti criminali degli adolescenti maschi, risulta, se possibile, ancora più sconvolgente che ne possano essere artefici delle ragazzine. <<Direi che è ora di superare questo ennesimo stereotipo di genere. Solo nelle fantasie dei romantici le ragazze sono tutte dolci, gentili, femminili nel significato più nobile e profondo del termine. Certo, 100 anni fa bande di ragazze che bullizzavano, tormentavano, aggredivano o, addirittura, picchiavano i coetanei (e non solo) non ne esistevano proprio, ma non poteva essere altrimenti: le adolescenti non uscivano di casa se non, raggiunti almeno i 18 anni, per sposarsi>>.
Lo psichiatra continua affermando che anche le donne, incluse le giovanissime, sono capaci di grande cattiveria, di gesti di vera malvagità. <<È solo che rabbia, rancore, aggressività solitamente tendono a esprimerle in modo diverso, non con aggressioni fisiche (salvo eccezioni) ma con strategie più raffinate, meno primordiali rispetto a quelle usate dai maschi. In altre parole, magari non danno calci e pugni, non tirano fuori un coltello (anche se, come ben sappiamo, può capitare anche questo) ma tendono piuttosto a torturare psicologicamente la loro vittima designata>>.
Crepet poi spiega che in genere i maschi agiscono in modo brutale per vendetta o per affermare la loro supremazia sull’altro o, più prosaicamente, per impadronirsi di un oggetto (può essere un cellulare o anche un capo di abbigliamento griffato), mentre la ferocia delle ragazze nasce più spesso dall’invidia o dalla gelosia. La coetanea bellissima e magra, oppure con una famiglia serena alle spalle o, ancora, oggetto delle attenzioni di un maschio molto ambito può far scattare sentimenti di rivalità che possono tradursi in gesti prepotenti o, peggio, in azioni francamente spietate.
Una su tutte: postare sui social qualche foto di cui la “nemica” ha motivo di vergognarsi o, più sottilmente, emarginarla dal gruppo delle coetanee, non rivolgendole più la parola ed escludendola da qualsiasi attività comune. Vero è che abbiamo avuto modo di vedere che anche le ragazze possono venire alle mani ma, almeno per ora, è più raro.
La peggiore tra le compagnie pericolose: la tecnologia
I social, i videogiochi e, in generale, la tecnologia che ruolo rivestono rispetto al cambiamento che ha investito la nostra società? <<Più e più volte ho definito la tecnologia la grande moltiplicatrice di azioni di una violenza di cui è difficile capacitarsi>>, afferma Paolo Crepet. <<Nei videogiochi uccidere è un obiettivo, le armi sono strumenti ludici, il sangue è un effetto scenico. Gli eroi sono quelli che avanzano lasciando alle spalle rovina e distruzione. Per quanto riguarda i social isolano i ragazzi completamente. Credo che gli adolescenti non siano mai stati più soli di come lo sono ora. Sono “connessi” eppure non hanno più il prezioso gruppo dei pari con cui confrontarsi, a cui appoggiarsi, verso cui provare sentimenti di amicizia e solidarietà. Non ci sono più gli amici del cuore con cui confidarsi, insieme ai quali provare il gusto delle piccole care trasgressioni che fanno crescere, che fanno sentire grandi, che responsabilizzano sulle proprie azioni: dividere in quattro-cinque un’unica sigaretta sottratta al papà, farsi accompagnare a casa per paura di essere sgridati a causa di un piccolo ritardo>>. Lo psichiatra sottolinea quindi che, oltre a questo vuoto incolmabile con cui si trovano alle prese gli adolescenti di oggi, c’è qualcosa di ancora più terribile di cui tenere conto: il modo con cui madri e padri affrontano il loro compito. <<Ci troviamo di fronte a una generazione di genitori spiazzati, che sostengono i figli nel loro desiderio di schivare ogni fatica, che rifiutano l’eventualità che i figli prendano un voto basso, che si sostituiscono ai figli nella soluzione di ogni loro problema. Mi chiedo anche quale sia l’esempio che danno, perché (e anche questo non è piacevole da dire) la mela non cade mai troppo lontano dall’albero. Nel male, certo, ma per fortuna anche nel bene>>.
5 consigli di Paolo Crepet per migliorare la situazione
Può essere modificata la situazione attuale? È possibile consentire agli adolescenti di riappropriarsi della loro età, privilegiata e faticosa, dove sbagliare si può perché i genitori e gli insegnanti sono lì pronti non già a sgombrare, servili, la strada da ogni ostacolo, non già ad accettare qualunque errore, ma a suggerire cosa è (o sarebbe stato) meglio fare per tirare dritti, senza inciampare.
Secondo Paolo Crepet sì, anche se il processo richiede impegno e passione e, soprattutto, può prendere vita solo dalla convinzione condivisa da tutti i genitori che sia giusto restituire ai figli che stanno diventando grandi, ma grandi ancora non sono, una vita più a loro misura. Ecco i suoi 5 consigli, che tanto potrebbero modificare in meglio la situazione se tutti i genitori decidessero di seguirli.
- Acquisire la consapevolezza che la tecnologia sta vampirizzando i nostri ragazzi e che urge regolamentarne l’utilizzo. Vuol dire che non si possono lasciare gli adolescenti a tu per tu con cellulari e computer (collegati a Internet) interi pomeriggi, ma occorre dare loro alternative di socializzazione. Bisognerebbe incoraggiarli a incontrarsi, aprendo le case ai loro amici, favorendo la possibilità che studino insieme, che escano in gruppo di pomeriggio.
- Non permettere ai figli adolescenti di misurarsi con situazioni da adulti “vissuti”. I genitori dovrebbero tutti mettersi d’accordo per vietare ai minorenni di uscire fino a notte inoltrata (e oltre). La notte (compresa quella del sabato) per i giovanissimi dovrebbe essere fatta per dormire, il giorno per studiare e frequentare i coetanei.
- Cercare di ristabilire i ruoli, in maniera ben chiara e definita: gli adulti si comportino come tali, mettendo da parte la smania di apparire giovani per sempre, che si traduce nel vestirsi, atteggiarsi, parlare come adolescenti, dopo aver superato gli “anta” da un pezzo. Non può essere credibile come educatore un genitore che viene percepito come alla pari, né può dare sicurezza, né può favorire il senso di responsabilità.
- Ascoltare i figli, prestare attenzione al loro umore e a quello che raccontano, cercando di conquistare la loro fiducia affinché si aprano, parlino di un loro eventuale disagio, ma non solo. Tenerli monitorati serve anche a cogliere fin da subito segnali d’allarme come quelli che lanciano i bulli, con i loro atteggiamenti strafottenti, provocatori e prevaricatori. Chi, invece, subisce, in genere appare abbattuto, inizia ad andare male (o malvolentieri) a scuola, può confidare di sentirsi solo. Tutti segni da non trascurare.
Essere genitori autorevoli
Acquisire autorevolezza agli occhi dei figli, che è molto diverso dall’essere autoritari, esercizio che non paga mai. Un genitore autorevole conquista la fiducia di un figlio con il buon esempio anche nelle piccole cose (se un padre giocherella con il cellulare quando è a tavola, non ha credibilità quando chiede ai figli di non farlo), con la sua presenza affettuosa, con l’ascolto (appunto), con la preziosa capacità di fargli sentire che ha le spalle coperte, ma è anche responsabile delle proprie azioni.
Un genitore autorevole è destinato a crescere figli incapaci di fare del male agli altri e, allo stesso tempo, in grado di difendersi da qualsiasi forma di bullismo. Il genitore autoritario fa invece leva su minacce, punizioni, atteggiamenti persecutori o aggressivi, con il rischio di andare incontro a numerosi fallimenti come educatore.