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Perché non vanno dati gli sculaccioni
Prima di ricorrere a una sberla, un genitore dovrebbe pensare sempre se non vi siano altri metodi più “dolci” per rimproverare il proprio bambino. Tuttavia, uno scapaccione isolato non può far male: tutti ne hanno preso più di uno e l’hanno generalmente ben incassato, soprattutto se mamma e papà, insieme allo schiaffo, hanno spiegato a parole il perché di un simile provvedimento. Ricorrere in modo sistematico agli sculaccioni, invece, non può che avere esiti negativi: anche se di solito non creano “traumi” al bimbo, non ottengono lo stesso risultato sperato dal genitore, cioè quello che il bambino obbedisca. Al contrario, il bambino capisce che i genitori arrivano alle mani in situazioni limite e, quindi, impara presto a scegliere le occasioni giuste per fare i capricci, per esempio quando ci sono ospiti in casa, magari perché sa che la mamma o il papà non oserebbero mai dargli uno sculaccione davanti agli altri. Di fronte a uno scapaccione, inoltre, il bambino può instaurare un atteggiamento di sfida e diventare “resistente” anche alle sberle: il fatto che i genitori usino le mani e alzino la voce rende legittime anche le urla e la violenza del bambino, che tenderà, a sua volta, a restituire le botte e a gridare sempre più forte. Per ottenere un risultato, i genitori dovrebbero, quindi, arrivare a punizioni sempre più severe, ma così si instaura un pericoloso circolo vizioso, senza possibilità di soluzione.
Essere sempre coerenti
Perché i rimproveri siano efficaci, è fondamentale che il bimbo provi nei confronti dei genitori estrema fiducia: deve, cioè, essere certo che ciò che viene detto da mamma e papà, sia esso una promessa o un castigo, verrà sempre e comunque mantenuto. Se, per esempio, si promette al figlio un gelato perché è stato “bravo” e il piccolo poi se ne dimentica, deve essere il genitore a ricordare la promessa e a mantenerla. Così il bimbo capisce che quello che gli viene detto accadrà e, allo stesso modo, se gli si dice che non mangerà il gelato perché non ha fatto il “bravo”, sa che anche questo si verificherà. Inoltre, perché il bimbo provi fiducia nei genitori è importante che questi, rimproverandolo, non intacchino la sua fiducia in se stesso. Sono da evitare, perciò, frasi del tipo “sei sempre lo stesso” oppure “non capisci mai niente”. Fondamentale, per lo stesso motivo, è lodare il bimbo quando fa qualcosa di buono, con la stessa sincerità e intensità utilizzata per i rimproveri.
Il conflitto lo aiuta a crescere
Le punizioni arrivano quando si crea una situazione di conflitto del bambino con i genitori o con i coetanei. Spesso, attraverso le punizioni o gli sculaccioni mamma e papà vorrebbero evitare i conflitti. In realtà, non vi è nulla di più sbagliato. È bene, anzi, che il bambino affronti situazioni di conflitto: i “no” e i capricci sono una tappa della sua crescita. Per questo, i genitori non dovrebbero intromettersi quando il bambino litiga con un amichetto: cercare di dirimere il contrasto non è giusto, perché bisogna mettere il piccolo nelle condizioni di superare da solo il conflitto. Del resto è difficile che i più piccoli arrivino alle mani, a meno che non vivano una fase di tensioni o non ricevano l’esempio dei genitori. A questo proposito, è fondamentale che mamma e papà siano coerenti con se stessi: i genitori che rimproverano il bambino che picchia un amichetto possono sembrare contraddittori se, a loro volta, cedono facilmente all’uso delle mani.
A ogni età il rimprovero adatto
I rimproveri vanno fatti sempre, qualsiasi sia l’età del bambino, perché sono necessari prima di tutto proprio per la sua crescita: in questo modo, infatti, il piccolo impara a riconoscere i limiti oltre i quali non deve andare. Certamente, però, i modi per rimproverare e punire sono molteplici e devono essere commisurati, di volta in volta, all’età del bambino.
Tra i 12 e i 18 mesi
Ogni rimprovero del piccolo deve essere motivato e fatto al momento giusto, anche perché le situazioni che i genitori dovranno affrontare saranno molto varie e l’eventuale punizione dovrà essere adatta al singolo caso. Poiché i bambini a quest’età non hanno ancora l’esatta cognizione del tempo, la punizione non va posticipata, ma data subito e senza protrarla troppo a lungo, in modo da poter tornare rapidamente alla vita normale. Non bisogna, inoltre, mantenere a lungo il malumore nei confronti del bimbo e non bisogna continuare a rammentargli la punizione: dopo averlo rimproverato, quindi, è bene perdonarlo. Questo è importante perché ogni bambino ricerca l’approvazione del genitore, desidera sentirsi considerato “buono” e può succedere che un bambino i cui genitori lo definiscono spesso “cattivo” finisca davvero per comportarsi come tale: il piccolo, infatti, sentendosi inadeguato di fronte alle aspettative di mamma e papà, finirà per entrare nel ruolo che i genitori si aspettano, cioè quello del “discolo”. Ogni rimprovero va spiegato a parole, in maniera semplice (per esempio: “No, questo non si fa, perché ti fa male”), anche se il bambino non ha ancora un’adeguata capacità linguistica: del resto proprio così aumenta il suo bagaglio linguistico.
Rimproveri tra i 18 e i 24 mesi
Ora che il bambino è un po’ più grandicello, si può passare al “castigo” vero e proprio. A quest’età si ottengono ottimi risultati con il semplice espediente di isolare temporaneamente il bambino, meglio se sempre nello stesso angolo della casa, nel momento del capriccio e della collera, dicendogli chiaramente che potrà tornare in mezzo agli altri solo quando si sarà completamente calmato. Questa tecnica consiste, quindi, soprattutto nell’interrompere l’azione che il bambino sta facendo (il che per il piccolo rappresenta già una grossa punizione), cui si associa il dover stare in disparte mentre tutti continuano a fare quello che stavano facendo prima. Mentre sta nell’angolino, inoltre, il piccolo è invitato a una riflessione che, chiaramente, non è paragonabile a quella dell’adulto, ma che comunque aiuta il bambino a comprendere la situazione e a elaborarla a livello mentale. È importante, però, che il castigo non duri molto (al massimo 1-2 minuti): ogni bambino, anzi, dovrebbe poter scegliere il momento in cui ritornare tra gli altri.