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Il diabete è una malattia ad alto rischio e ancora oggi lo è anche sempre più per i bambini. Sono tanti i casi in cui i più piccoli rischiano la vita per le complicanze del diabete infantile che, purtroppo, non viene riconosciuto in tempo per porvi rimedio. I segni del diabete si possono identificare, l’importante è sapere su cosa porre l’attenzione. Genitori, insegnanti e tutti coloro che si prendono cura dei bambini, devono essere preparati in modo da poter notare i sintomi del diabete in un bambino.
Sempre più malati
20mila bambini e ragazzi italiani soffrono di diabete di tipo uno, un numero doppio rispetto agli ultimi quindici anni. Promuovere la diagnosi precoce è essenziale per evitare che i bimbi arrivino in ospedale con sintomi già molto gravi. La malattia deve essere individuata tempestivamente affinché si possa curare adeguatamente.
Attenzione ai campanelli d’allarme
Spesso la malattia si manifesta da principio con la chetoacidosi, una complicanza che provoca alito dall’odore di frutta marcia (acetone), sonnolenza, respiro irregolare. Trascurare queste manifestazioni può mettere a rischio la vita del bambino. “Alla chetoacidosi si può associare un edema cerebrale che può essere fatale e si sviluppa di solito entro quattro-dodici ore dall’inizio del trattamento d’urgenza in ospedale, anche se in alcuni casi compare prima o nei due giorni successivi – spiega Mohamad Maghnie, presidente SIEDP (Società italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica) – .Riconoscere e trattare correttamente in Pronto Soccorso la chetoacidosi è indispensabile per evitare complicanze che possono portare alla morte, come è purtroppo successo”.
Più informazione nelle scuole
Per far sì che tutti sappiano riconoscere i primi segni del diabete e la chetoacidosi, è partita una campagna di informazione SIEDP che porterà nelle scuole e negli studi di circa 10 mila pediatri materiali utili a individuare senza dubbi i sintomi di esordio della malattia. Se un bimbo dimagrisce senza motivo, beve troppo rispetto alle sue abitudini o fa tanta pipì, magari ricominciando a farla anche di notte, è indispensabile sospettare una disidratazione indotta dal diabete e sottoporre il piccolo agli esami appropriati.
Le linee guida per la chetoacidosi
La SIEDP ha anche indicato le prime linee guida per la gestione della chetoacidosi, diffusa soprattutto al di sotto dei sei anni. ”Le prime due ore sono fondamentali – precisa Ivana Rabbone, responsabile del Gruppo di Studio sul Diabete SIEDP e coordinatrice dell’indagine sulla chetoacidosi –. Si inizia somministrando acqua e sali per far fronte alla disidratazione, responsabile di una riduzione della glicemia; solo dopo un paio d’ore si inizia la terapia insulinica per via endovenosa; inoltre la reidratazione non deve essere troppo prolungata perché potrebbe facilitare la comparsa di edema cerebrale. L’edema si manifesta più spesso nei bimbi piccoli, quando c’è una chetoacidosi grave o già presente all’esordio della malattia”.