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Scoprire l’autismo in età precoce e intervenire con tempestività prima che i bambini abbiano compiuto due anni e mezzo può fare una grande differenza. Secondo uno studio condotto dagli esperti dell’Università israeliana Ben Gurion del Negev e pubblicato sulla rivista Autism, infatti, una diagnosi neonatale accresce di tre volte le possibilità che il piccolo paziente veda migliorare i sintomi relativi alla sfera sociale.
I bambini seguiti per due anni
Lo studio ha preso in esame lo sviluppo dell’autismo in 131 piccoli pazienti, tenendoli sotto osservazione per uno-due anni. La coorte comprendeva bambini cui era stato diagnosticato il disturbo tra il primo e il quinto anno di vita. I risultati hanno evidenziato come i piccoli cui l’autismo era stato diagnosticato prima dei due anni e mezzo presentassero significativi miglioramenti nella sfera sociale. In particolare, i dati parlano di una probabilità di raggiungere risultati positivi tre volte più alti rispetto al resto del campione.
Lavorare sul cervello
Come sottolineato da Ilan Dinstein, tra le prime firme dello studio, il miglioramento della sfera sociale sarebbe agevolato dalla maggiore “plasticità” del cervello e alla “flessibilità” comportamentale tipica dei primi anni di vita. Una diagnosi precoce e trattamenti specifici condotti in contesti comunitari sono fondamentali per veder migliorare le condizioni dei pazienti affetti da autismo.
Cambiamento necessario
Riconoscere i primi segnali dell’autismo non è semplicissimo, ecco perché genitori e medici devono essere supportati dall’istituzione di prassi che aiutino a diagnosticare il problema il prima possibile. A oggi, la diagnosi sull’autismo viene fatta intorno ai quattro anni. I risultati dello studio, però, palesano come sia importante rendere obbligatorio lo screening prima dei due anni e mezzo, per intervenire con tempestività.